Perchè probabilmente non leggerai questo post

Marzo 8, 2017

Nel 1971, il futuro premio nobel per l’economia Herbert Simon, disse:

“Una ricchezza di informazioni causa povertà di attenzione”

Più di 45 anni dopo, questa frase sembra attuale come non mai.

Una ricchezza di informazioni…

Nel 2017, chiunque possegga un connessione internet ha accesso a più informazioni di quante ne avessero disponibili tutte le generazioni precedenti, combinate. Ad oggi, vengono generati ogni giorno 2.5 Quintilioni di Byte, ovvero 1.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000 o 1030 Byte. Il risultato è che più del 90% dei dati oggi esistenti sono stati creati solamente negli ultimi due anni. Il genere umano, e di conseguenza gli individui, non hanno mai avuto a disposizione tante informazioni. Ancor più incredibile, è che sono tutte virtualmente disponibili all’istante e accessibili in qualuque luogo della terra con una connessione. Con un semplice motore di ricerca è possibile passare dagli ultimi studi in merito alla biologia evoluzionistica a cataloghi di foto del affabile quokka (per chi non conoscesse questo simpatico marsupiale, in allegato una foto).

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Tutte queste informazioni hanno certamente un valore, basti considerare la quantità record di pubblicazioni scientifiche che, secondo l’analista bibliometrico Lutz Bornmann, della Max Planck Society di Monaco, Germania e Ruediger Mutz, del Swiss Federal Institute of Technology di Zurigo, duplicano ogni 9 anni. Tuttavia, molte informazioni sono piuttosto inutili e non fanno altro che ingolfare il nostro cervello, inondandolo di dati non necessari.

…Causa povertà di attenzione

Il nostro cervello è poco adattato a processare questa enorme mole di informazioni ed i risultati di questa inadeguatezza sono evidenti. Le nostre capacità di assorbire ed elaborare  informazioni sono, per quanto straordinarie, limitate. Di fatto, siamo uomini primitivi che vivono in una società in cui la tecnologia si è sviluppata così tanto da rendere il proprio stesso creatore, l’uomo, inadatto a convivere con essa. Ad esempio, abbiamo già visto come la luce artificiale causi non pochi problemi al nostro ritmo biologico. Allo stesso modo la tecnologia rende disponibile una quantità di informazioni così vasta ed in così rapida crescita da essere praticamente infinita. Che lo vogliamo o meno, tutte queste informazioni ci vengono proiettate contro ogni giorno. Tv e Internet sono gli strumenti principali di questa diffusione e ne siamo tutti virtualmente esposti in un modo o nell’altro. Il risultato è che non riusciamo più a concentrarci su qualcosa per un lungo periodo di tempo, e forse più grave, che non riusciamo ad attribuire la giusta importanza alla informazioni che si presentano. Non siamo in grado di approfondire nessun argomento, tanto che dopo pochi minuti di studio, ad esempio, ci ritroviamo a controllare le nostre notifiche sui social network. Oppure, durante la navigazione veniamo distratti da questa o quell’altra immagine inutile e dimentichiamo la motivazione iniziale per la quale stiamo navigando in primis. In aggiunta, avere tutta questa scelta causa una sorta di “paralisi decisionale”. Ad esempio, tornando al titolo di questo post, non sappiamo decidere quale articolo leggere, così continuiamo la navigazione senza una mèta, fermandoci solo dopo ore e chiedendoci cosa stiamo facendo. Scorriamo pagine e pagine senza mai fermarci a riflettere su quali siano le informazioni rilevanti e senza mai agire nell’approfondire quell’informazione. Siamo diventati supeficiali, e la colpa non è soltanto della nostra mancanza di volontà ma anche della nostra inadeguatezza evolutiva nel gestire tutti gli input che riceviamo.

Cosa possiamo fare

Quello che possiamo fare per riscoprire l’attenzione è scegliere con cura le informazioni che vogliamo assimilare e lasciare fuori quelle inutili, che inevitabilmente diverranno dannose e ruberanno spazio ed energie. Ci sono due motivi per i quali questo è necessario:

Primo, a dispetto di quanto si dica, il nostro cervello non è in grado di gestire troppi processi contemporaneamente, non quelli consci almeno. In altre parole, il multitasking non funziona. Ad essere precisi, è stato dimostrato come il multitasking non esista. Il nostro cervello passa semplicemente da un’attività all’altra e questo richiede una tassa importante sulle nostre energie. Secondo Daniel Levitin, professore di neuroscienza comportamentale alla McGill University, quando cerchiamo di essere multitasking non svolgiamo di fatto più di un’attività contemporaneamente, ma passiamo velocemente da una all’altra: “e questo passaggio avviene ad un costo biologico che finisce per renderci stanchi molto più velocemente rispetto al mantenere l’attenzione su una sola cosa”. In più, sappiamo tutti che il nostro cervello non è in grado di gestire uno sforzo senza soluzione di continuità. Vi sarà capitato di raggiungere il limite delle vostre capacità mentali più di una volta, dopo un’intensa giornata al lavoro per citare un caso. Questo limite può essere superato con le dovute accortezze e su questo blog ne parliamo assiduamente, ma prima o poi le energie verranno meno e saremo costretti a fermarci, sono i limiti della nostra biologia.

La soluzione in questo caso è semplice: pianificare, concentrarsi su un compito alla volta ed evitare distrazioni. Inoltre, se avete un obiettivo per la giornata evitate di essere reattivi. In pratica, scrivete su carta il compito che volete portare a termine, identificate tutte le attività necessarie per farlo ed eseguitele, scansando ed evitando di raccogliere le informazioni inutili al vostro obiettivo. Nello scrivere questo post ho staccato internet ed ho deciso di rimanere seduto davanti al pc fino alla conclusione. Infine quando siete troppo stanchi, fermatevi, come ha detto il mio amico Flavio nel podcast, quando il vostro rendimento è subottimale dovete fermarvi. La qualità deve prevalere sulla quantità.

Secondo, oltre al limite fisico c’è un limite intellettuale alla quantità di informazioni che possiamo processare. Questo limite è piuttosto soggettivo e può essere superato con le giuste accortezze e strategie (ad esempio leggendo questo blog) ma farlo è piuttosto complesso e prima o poi tutti raggiungono il proprio massimo. Non tutti possono comprendere la teoria della relatività, me compreso. Tuttavia, a parte casi eccezionalmte complicati come quello appena descritto, la maggior parte delle volte il limite intellettuale viene raggiunto perchè oltre che alle informazioni neecssarie vengono processate anche quelle superflue. Questo “rumore” non contribuisce alla comprensione di un problema ma non di meno occupa parte delle nostre risorse cerebrali. Quindi, tiene fuori altre informazioni necessarie ma che non riescono a essere elaborate poichè la nostra mente è ormai “satura”.

Quello che possiamo fare è esercitarci ad analizzare i compiti che abbiamo già affrontato e capire quali dati sono stati utili e quali, invece, non hanno contribuito alla soluzione. In questo modo sapremo come essere più efficaci ed efficienti nelle occasioni successive. Ad esempio, potreste riconoscere come nel cercare di comprendere un problema matematico le informazioni di cui avete bisogno sono relative a princìpi base che non avete afferrato al meglio, piuttosto che relative alla storia dell’individuo che ha formulato quel problema in primo luogo. Per quanto affascinati, molte informazioni sono al meglio superflue e al peggio dannose riguardo al raggiungimento di un obiettivo, potremo recuperarle in futuro con più calma, se necessario.

Per concludere, in un mondo ricco di informazioni, cerchiamo di ritrovare l’attenzione, perchè le informazioni stesse sono la più grande risorsa che abbiamo a disposizione, se capiamo come farne buon uso.

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