Perchè dovresti smetterla di essere reattivo

Febbraio 1, 2017

Prima di iniziare, rispondi a queste domande:

•    La prima cosa che fai al mattino appena sveglio è controllare le notifiche sul telefono?
•    La prima cosa che fai appena arrivato al lavoro è leggere la posta?
•    Appena arriva un messaggio non riesci a trattenerti dall’aprirlo immediatamente?

Se hai risposto in maniera affermativa ad almeno una di queste domande allora sei anche tu “reattivo”.

Essere reattivo è uno stato in cui si attende constantemente che qualcosa accada, che qualcuno ci scriva o ci chiami, che una nuova notifica appaia sui social network. È uno stato in cui gran parte della nostra società è immerso anche grazie alla facilità di comunicazione permessa dalle nuove tecnologie. In questo stato, come dicevamo, si è sempre allerta in attesa che qualcosa accada, o meglio, ci accada. Di conseguenza, quando si è in questo stato diventa impossibile far accadere qualcosa.Si diventa paralizzati.

Ci sono due grossi lati negativi dell’essere continuamente reattivi:

Il primo, e con impatto più pragmatico, nasce dal fatto che quando siamo in questo stato lasciamo che qualcun’altro detti la nostra agenda. La nostra produttività viene drasticamente ridotta quando siamo sempre a disposizione degli altri. Diventa impossibile concentrarsi per più di qualche minuto su un’attività prioritaria perchè ci sarà sempre quella mail importante a cui rispondere, una notifica non letta o un messaggio che richiede il nostro intervento. Tutto questo non solo ci distrae dal nostro compito, ma ci mette anche “al servizio” di qualcun’altro, fuorchè di noi stessi. Muovere le richieste altrui in cima alla lista delle nostre priorità può danneggiare seriamente la capacità di portare a termine i nostri compiti. Con questo non voglio dire che sia sbagliato essere disponibili, ma è necessario definire dei limiti chiari senza i quali non siamo in grado di portare a termine i nostro compiti.

Il secondo lato negativo è lo stress psicologico di questa condizione. Per illustrarla voglio far riferimento alle parole di Adolf Von Schell, capitano dell’esercito tedesco durante la prima guerra mondiale ed autore del libro “Battle Leadership”. Von Schell scrive:

“Quando un soldato si trova sotto il fuoco nemico ed aspetta, si sente incapace di proteggersi. Ha tempo, pensa, attende solo il proiettile che lo colpirà. Sente una certa inferiorità nei confronti del nemico. Si sente solo ed abbandonato”

In un certo senso possiamo paragonare la guerra alla vita di tutti i giorni, con la dovuta prospettiva possiamo intuire che essere reattivi significa aspettare il nemico, che il proiettile può essere una mail o un messaggio che stravolge le nostre priorità, che possiamo sentirci inferiori di fronte ad una richiesta inspettata, soli e abbandonati quando non sappiamo più quali attività portare avanti.

Come possiamo superare questa condizione? Von Schell, in un altro passaggio scrive:

“Ricordo un giorno del 1916 in Russia. Durante la notte arrivammo in soccorso degli Austriaci. Nella mattina seguente i Russi iniziarono un pesante fuoco di artiglieria. Non conoscevamo il terreno, non sapevamo che artiglieria avevamo. Io ero solo con la mia compagnia tra le fila del battaglione Austriaco. Non conoscevo i miei superiori. I russi stavano bombardando da due ore ma la nostra artiglieria non rispondeva al fuoco. Andavo constantemente di trincea in trincea per vedere e parlare con i miei uomini. Avrebbero almeno dovuto vedere che non erano da soli. Ripetutamente mi chiedevano: ‘siamo davvero completamente da soli? Non abbiamo artiglieria?’ Continuarono per ore, i fili del nostro telefono erano stati distrutti. Finalmente un rumore tremendo viene da dietro di noi, la nostra artiglieria stava facendo fuoco. Di colpo, gli animi si risollevarono, questi soldati non si sentivano più abbandonati. Ognuno di loro poteva sentire e vedere che anche noi stavamo facendo qualcosa adesso. Ognuno poteva vedere che era supportato e tutti erano pronti a respingere l’attacco. Nelle grandi battaglie difensive si può sempre sentire questo commento quando l’artiglieria del nemico sta facendo fuoco: ‘dov’è la nostra artiglieria?’”

Oggi l’artiglieria nemica si presenta sotto forma di e-mail, messaggi, notifiche e richieste. L’unico modo per uscire da uno stato di reattività in cui siamo sotto i colpi del nemico e non possiamo reagire è passare all’offensiva. Non aspettare in trincea ma rispondere al fuoco. Se ci pensate, le cose migliori della nostra vita sono accadute in un momento in cui abbiamo fissato obiettivi precisi ed abbiamo lavorato senza distrazioni, perseguendoli in maniera aggressiva. Quella volta in cui chiusi in una stanza abbiamo realizzato qualcosa di importante, quando abbiamo tagliato fuori il rumore. O quando abbiamo richiesto che ci venissero affidate responsabilità maggiori. Siamo come quei soldati e quello che possiamo fare è smetterla di aspettare ed agire. Staccare internet quando abbiamo un compito importante da portare a termine, non controllare il telefono constantemente, mettere su carta le nostre priorità, sono tutte tecniche per evitare l’artiglieria. Poi dobbiamo passare all’offensiva, scrivere quella mail che vogliamo inviare da tempo, iniziare a lavorare a quell’idea che non abbiamo mai avuto il coraggio di formalizzare, creare qualcosa. Solo così potremmo davvero essere padroni del nostro tempo e di noi stessi, finalmente non più reattivi, ma proattivi.

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