Ci siamo di nuovo, una di quelle sere che ti riempiono di dubbi. Perché se le cose sembrano iniziare a girare nel verso giusto, deve esserci qualcosa che ti riporta con i piedi per terra e di costringe a pensare. Non voglio annoiarvi sul perché mi ritrovo a scrivere queste righe. O meglio, il perché è piuttosto facile da spiegare: perché mi fa stare meglio esplicitare su carta -metaforica- le mie sensazioni. Quello che intendo è che non voglio, poiché certe cose sono difficili da dire persino a degli sconosciuti, spiegare il motivo per il quale queste sensazioni sono affiorate oggi. Lo so, parecchio contorto.
In questo momento mi domando: cos’è la speranza?
Secondo Charles Bukowski la speranza è quella cosa che rinasce sempre come un fungo velenoso. Per Nietzsche la speranza è il peggiore dei mali, perché prolunga le sofferenze degli uomini. Insomma, avete capito dove voglio arrivare. Io credo che la speranza sia la vera essenza della forza vitale negli esseri umani. Senza speranza ci lasceremmo cadere di fronte alle prime avversità. Ha un ruolo estremamente positivo, senza di essa non vivremmo. Ma allo stesso tempo la speranza ci inganna. A causa della speranza siamo chiamati dal nostro istinto a lottare, sempre e comunque, anche quando sarebbe il caso di arrendersi. Anche quando, dopotutto, lo sforzo è inutile. Come scalare una montagna di cui non possiamo raggiungere la vetta. Va la pena? Cosa c’è di sbagliato nel gettare la spugna?
Eppure, anche dopo innumerevoli catastrofi, sapendo bene che tutti i tentativi saranno vani, continuiamo a provare un senso di speranza. Si tratta di un istinto di conservazione? Di un modo della natura di preservare la specie? La speranza è codificata nei nostri geni?
Se così fosse, arrendersi sarebbe contro natura. Sembrerebbe proprio che invece ogni essere umani abbia in sé la piccola fiamma della speranza che brucia, anche se flebile, nelle più estenuanti delle circostanze. Sono una manciata quelli che, forse sfidando la natura stessa, scelgono di arrendersi e dichiararsi definitivamente vinti.
La natura sa essere crudele, specie con gli esseri umani, e forse questa non è l’eccezione. La speranza è un veleno che prolunga le sofferenze. Ci illude e poi ci delude.
La verità è che alle volte vorrei semplicemente lasciarmi andare. Dargliela vinta a questa vita. Ammettere la mia inferiorità. Mi dispiace, non sarò mai all’altezza. Grazie e arrivederci. Ci ho provato. Ma persino mentre scrivo queste parole, non riesco a crederci a pieno. La mia anima cerca ogni appiglio per resistere. Non lasciare andare. Domani andrà meglio. Continua a provare.
E così continua il dialogo infinito. Tra la voglia di abbandonarsi e la continua ricerca di una nuova strada. Sempre esausto, ma sempre in lotta. Ah, se solo fosse facile. Se solo l’ago della bilancia pendesse da un’unica parte, anziché oscillare continuamente tra i due estremi senza mai fermarsi. Forse solo chi si arrende, e mette fine alla speranza, mette fine anche alla sofferenza. Ci vuole coraggio, questo è certo. Ed io non ho questo coraggio. Certo, sarebbe bello avere la capacità di spostare l’ago della bilancia dall’altra parte. Vivere nell’eterna consapevolezza che le cose andranno bene, non importa cosa accadrà. Ma non credo di essere in grado di saper fare neanche questo.
Sono costretto, mio malgrado, a cercare di restare in equilibrio. Ed è l’equilibrio ad essere doloroso. Stasera fa solo un po’ più male di altre.
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