Carboidrati: quanti, quando e quali scegliere

Maggio 16, 2017

Dai primi anni ‘60, periodo in cui Ancel Keys lanciò il suo famigerato Seven Countries Study, che secondo l’autore dimostrava il legame tra grassi e malattie cardiovascolari il mondo ha iniziato una crociata contro i grassi stessi. Più di recente lo studio è stato rivalutato per quello che è: un’accozzaglia di dati semi-irrilevanti manipolati dallo stesso Keys, anche se, a ben vedere, questi dati si prestano ad analisi tutt’altro che scontate; ma questa è un’altra storia, che potete -e vi consiglio caldamente di farlo- leggere qui.

Ancor più di recente, dopo che i grassi sono stati riabilitati -e non lo dico solo perché scrivo questo articolo dopo una tazza di bulletproof coffee i carboidrati hanno preso il loro posto come il male incarnato, almeno nelle comunità paleo-friendly o keto. Nel presente articolo ho deciso di provare a fare chiarezza sui carboidrati e sul consumo ottimale di questo macronutriente.

Prima di iniziare

La causa principale per la quali i carboidrati sono tanto vituperati è la loro capacità di aumentare lo zucchero nel sangue (ma dai?) e la risposta insulinica che ne deriva. L’insulina è un ormone che ha come compito quello di controllare i livelli di zucchero (sinonimo di carboidrati) nel sangue e viene rilasciata quando sono troppo elevati. Dove li infila? Nelle cellule. In sostanza, l’insulina è come una chiave che apre le cellule all’afflusso di zucchero. Ma è anche un ormone anabolico ed è il principale responsabile del processo di lipogenesi, ovvero dell’accumulo di grasso all’interno delle cellule del tessuto adiposo. In pratica, un pasto con molti zuccheri causa l’accumulo degli stessi nel sangue, quelli che non possono essere usati immediatamente come energia vengono trasformati in acidi grassi e stoccati come adipe con l’insulina che agisce da facilitatore. Ora, come piccolo excursus, c’è da dire che esistono due teorie antitetiche al riguardo. La teoria ormonale sostiene che siano gli ormoni (e.g. l’insulina) a causare l’accumulo di grasso, indipendentemente dalle calorie ingerite. La teoria del bilancio energetico sostiene che si ingrassa semplicemente quando le calorie consumate eccedono calorie bruciate.  Come spesso accade, la verità sta nel mezzo. Di recente le due teorie stanno convergendo ed è chiaro come una combinazione delle due sia responsabile dell’accumulo di grasso. La tempesta perfetta sembra essere un pasto altamente calorico e insulinogenico insomma, mi dispiace amanti di pizza e birra. Ma torniamo all’argomento principale. Quindi, la ragione principale -ma non la sola- per i quali gli zuccheri sono così temuti è la seguente:

Carboidrati = Insulina = Accumulo di grasso

Come corollario, possiamo includere tra le cause della carbofobia la così detta insulino resistenza, ovvero una riduzione della sensibilità delle cellule all’azione dell’insulina. In questo contesto, quando a causa di un eccessivo consumo di zuccheri le cellule vengono esposte ad un eccesso ripetuto di insulina che viene rilasciata nel sangue, esse vengono desensibilizzate. Si innesca perciò un circolo vizioso. Le cellule non accettano più zucchero perché non riconoscono più l’insulina che è la chiave per aprirle. Lo zucchero si accumula nel sangue e questo al nostro corpo non piace. Così viene pompata una quantità maggiore di insulina per ovviare alla desensibilizzazione, un po’ come quando siete costretti a parlare più forte quando vostra nonna mezza sorda non vi sente più. Se il processo continua a causa di un consumo prolungato di troppi zuccheri la cellula diventa sempre più insensibile e gli zuccheri stessi continuano ad accumularsi nel sangue. Prima o poi si giunge a patologie come sindrome metabolica e diabete.

Bene, se non siete ancora spaventati a morte, possiamo proseguire.

Un po’ di contesto

I carboidrati, come dicevamo, sono assieme a proteine e grassi uno dei tre macronutrienti, ovvero nutrienti che forniscono energia per il metabolismo e per la crescita. Parlando di energia, la convenzione tradizionalmente usata è quella di assegnare 9 Kcal/g ai grassi e 4 Kcal/g ai carboidrati e 4 Kcal/g alle proteine. Anche in questo caso, la verità è più complessa e il valore energetico del cibo è altamente variabile e dipendente da diversi fattori, ad esempio le proteine delle uova producono 4,36 Kcal/g, mentre quelle del riso integrale ne producono 3,41 Kcal. In ogni caso, ai fini della nostra analisi possiamo accettare i valori convenzionali che offrono una buona approssimazione della realtà e semplificano le cose. Quindi, i carboidrati (o glucidi) sono dei composti chimici organici formati da atomi di carbonio, idrogeno e ossigeno e offrono 4 Kcal/g. Ai fini della sintesi -e per non annoiare chi legge- in questo articolo eviteremo di andare più a fondo nelle definizioni e nelle funzioni dei carboidrati, basti sapere che oltre alle funzioni metaboliche ne svolgono altre molteplici e varie, come il ribosio che è uno dei componenti dell’RNA. La prossima domanda quindi è: ho bisogno dei carboidrati?

Il consumo di carboidrati

Risposta breve: teoricamente No. Mi dispiace, si può vivere benissimo senza pane. Infatti, mentre esistono acidi grassi essenziali (che il corpo non riesce a sintetizzare da solo) come il DHA e amminoacidi essenziali come leucina o triptofano, non esistono carboidrati essenziali. In altre parole, il corpo è in grado di sintetizzare autonomamente gli zuccheri di cui ha bisogno. Il più importante di questi processi si chiama neoglucogenesi, che è un processo metabolico mediante il quale un composto non glucidico viene convertito in glucosio, zucchero che può essere adoperato direttamente per produrre energia sotto forma di ATP o in alternativa utilizzato per sintetizzare tutti i carboidrati necessari alla sopravvivenza dell’organismo.

Detto questo, la realtà è sempre più complessa della teoria (ancora?). Nella pratica vivere senza consumare carboidrati può essere difficile -ma non impossibile- per la maggior parte delle persone. Tuttavia, vivere con pochi grammi di carboidrati al giorno è perfettamente sostenibile ed è un regime alimentare portato avanti dalle migliaia di persone che seguono una dieta chetogenica, in cui il consumo di carboidrati non eccede i 20-30 gr al giorno. Ai fini di questa discussione però, supponiamo che non abbiate intenzione di abbandonare completamente gli zuccheri ma che vogliate comprendere meglio quanti, quando e quali consumare.

Quanti

La mia visone si rifà a quella di Charles Poliquin, ampliamente riconosciuto come il migliore allenatore al mondo. Ha allenato più di 800 atleti olimpionici ed è un esperto di muscoli, forza e performance sportiva. Secondo Poliquin i carboidrati vanno guadagnati. Per un’ottimale composizione corporea esistono diversi fattori che influiscono su quanti carboidrati è possibile consumare. I più importanti sono la massa magra, il volume e l’intensità dell’allenamento, la percentuale di grasso corporeo e la sensibilità all’insulina. Citando l’articolo originale: “Alcune persone devono relegare il proprio consumo di carboidrati a 10 leccate ad una prugna secca ogni sei mesi. Altri possono indulgere nel consumare 1,000 o 1,500 grammi. In altre parole, se la vostra massa grassa è notevole, avete una vita sedentaria ed una bassa sensibilità all’insulina probabilmente dovreste dare la priorità agli altri macronutrienti (grassi e proteine) perché gli zuccheri in eccesso, complice l’effetto insulinogenico, risultano in nuovo accumulo di grasso. Se invece avete una buona composizione corporea, una vita attiva e buona sensibilità all’insulina potete permettervi di incrementare la quota di carboidrati nella vostra dieta. Quanti, dipende davvero. Ognuno di noi si colloca in uno spettro in termini delle suddette caratteristiche e trovare l’equilibrio non è semplice e richiede una serie di tentativi per identificare il proprio sweet spot. Come linea guida, una review del 2009 del Journal of Nutrition and Metabolism definisce delle linee guida.

  • Dieta chetogenica: meno di 50gr di carboidrati al giorno e meno del 10% delle calorie
  • Dieta low-carb: tra 50 e 130gr di carboidrati al giorno, o tra il 10% e il 26% delle calorie
  • Dieta moderate-carb: tra 130 e 225gr di carboidrati al giorno, o tra il 26% e il 45% delle calorie

Semplificando, una persona sovrappeso dovrebbe trovarsi nella zona chetogenica, una sedentaria in quella low-carb ed un atleta in quella moderate-carb. Ma non necessariamente, di più su questo dopo.

La storia cambia se mettiamo l’esercizio nell’equazione. Dopo un allenamento la sensibilità dei tessuti ai carboidrati aumenta. Le scorte di glicogeno presenti nei muscoli, deperite dallo sforzo, devono essere ripristinate tramite l’introduzione di zuccheri. In questi casi, il consumo di carboidrati è perfino consigliato. Anche qui, chiedersi quanti è una domanda relativa. Dipende al tipo di allenamento, dai volumi e dall’intensità, oltre che dalle caratteristiche individuali.

Quando

Di gran lunga, il momento migliore per il consumo di carboidrati è dopo un allenamento. Come abbiamo visto sono necessari per ristorare le scorte di glicogeno. In questa finestra, poiché i muscoli sono super sensibili all’insulina l’energia viene accumulata come glicogeno e non come grasso (a patto che le scorte di glicogeno siano effettivamente esaurite, il che dipende da volumi e intensità. Una passeggiata sul tapis-roulant non conta in questo caso ragazzi). In più, i carboidrati generano una cascata ormonale che riduce il cortisolo, il che porta ad un recupero più veloce.

D’altra parte, mantenere delle scorte di glicogeno costanti non è necessario. In condizioni ottimali di fat-adaptation, il corpo impara ad utilizzare i grassi come fonte primaria di energia, senza quindi il bisogno di attingere dalle scorte di zucchero. Al contrario, in uno studio interessante, per ora molto preliminare, è stato proposto che maggiori scorte di glicogeno accorcerebbero la vita. In questa ottica, ha senso utilizzare i carboidrati come fonte di energia durante l’allenamento. Consumare carboidrati prima di allenarsi per ripristinare parte del glicogeno potrebbe consentire una performance ottimale, nel caso in cui sia richiesto uno sforzo massimale (di più su questo, qui), senza la necessità di portare con sé un carico non necessario, e forse dannoso, per il resto del tempo. A ben vedere, questa strategia ha senso quando, per ragioni anti-aging o di prevenzione, si vuole limitare al minimo il consumo di zuccheri e si segue una dieta low-carb. Ripristinare il glicogeno dopo l’allenamento non è necessario quando quegli zuccheri sono destinati ad essere consumati immediatamente dal normale metabolismo, condizione necessaria se si sceglie di utilizzare i grassi come fonte primaria di energia.

Nei giorni in cui non vi allenate -se vi allenate- un altro buon momento per i carboidrati è la sera. Infatti i carboidrati stimolano il rilascio di serotonina. Molte persone, per esempio, non riescono ad addormentarsi con bassi livelli di serotonina e i carboidrati in serata possono aiutare. Questa non è una giustificazione per mangiare un intero ciambellone della nonna inzuppato nel latte caldo prima di dormire. Infatti il consiglio ha un senso solo in un contesto di una dieta low-carb in cui i livelli di serotonina possono essere fisiologicamente più bassi.

Quali

Idealmente, i migliori carboidrati da consumare sono quelli a basso indice glicemico, ovvero che innalzano lo zucchero nel sangue in maniera moderata come quelli nelle verdure o in alcuni frutti come il melone. Una lista qui. Ma nella pratica, di nuovo, è tutto più complesso. Ad esempio, l’indice glicemico indica la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un quantitativo dell’alimento contenente 50 g di carboidrati, ma il contenuto di carboidrati nei cibi è variabile così come l’indice glicemico. Il riso bianco può avere un indice glicemico inferiore a quello di un albicocca, ma per consumare lo stesso quantitativo di carboidrati presenti in 100 grammi di riso dovreste mangiare quasi un chilo di albicocche. Oppure, il fruttosio ha un indice glicemico piuttosto basso, eppure è parecchio deleterio per il fegato. La pasta ha un indice glicemico più basso del miele ma nutrizionalmente tra i due non c’è paragone. Insomma, l’indice glicemico lascia il tempo che trova. Forse sarebbe meglio prendere in considerazione il carico glicemico, un parametro che stabilisce l’impatto sulla glicemia di un pasto glucidico in base al suo indice glicemico (IG) e la quantità di carboidrati contenuti al suo interno. La formula per calcolarlo è: GL = (indice glicemico di un alimento x la quantità di carboidrati contenuti nell’alimento) diviso per 100. Maggiore è il carico glicemico, maggiore è il conseguente innalzamento dei livelli glicemici e il rilascio di insulina nel sangue.

Ma purtroppo per voi non finisce qui, e le cose si complicano ancora.

Le differenze individuali nella risposta agli zuccheri in termini di glicemia e insulina sono drammatiche.

Segal_Elinav-2Questa immagine è il risultato di uno studio chiamato Personalized Nutrition Project. I livelli di zucchero nel sangue si sono dimostrati drasticamente differenti tra le diverse persone dopo aver ingerito una banana o un biscotto. Ad esempio per l’individuo 445 una banana ha aumentato il livello di zucchero nel sangue molto di più di un biscotto, mentre per l’altro (664) è vero proprio il contrario. Lo studio è stato ripetuto con diversi alimenti e i risultati non cambiano: ci sono enormi differenze individuali sulla risposta a fonti di carboidrati diverse. Lo studio dimostra con successo come l’approccio alla gestione dei carboidrati debba essere personalizzato, non basta parlare di basso indice glicemico, ma è necessario calare gli effetti sugli individui, perché ognuno ha una risposta diversa. Anche lo stile di vita conta, le risposte sono state diverse quando il consumo è avvenuto post esercizio o dopo il sonno. Quindi, è necessario capire quali sono i carboidrati che funzionano meglio per noi. E’ possibile seguire il test dei carboidrati in sette giorni come proposto da Robb Wolf nel suo libro “La Paleo dieta su misura” affidandosi ad un glucometro che misura costantemente i livelli di zucchero nel sangue oppure, se non si vuole optare per questa soluzione, sarà necessario far affidamento sulle sensazioni. Ad esempio, dopo aver consumato del riso bianco io ho delle pessime sensazioni, che invece non avverto dopo aver mangiato del melone. Per concludere in merito, sembra che parte della responsabilità ricada sul nostro microbioma intestinale.

Altre considerazioni

Finora abbiamo parlato dei carboidrati dal punto di vista energetico, metabolico ed ormonale. Ma occorre introdurre altri elementi da prendere in esame prima di scegliere il consumo ideale di carboidrati.

  1. Abbiamo già visto come alti livelli di zucchero nel sangue siano legati a sindrome metabolica e diabete.
  2. Un eccesso di zuccheri è associato a malattie degenerative del cervello. Tant’è vero che l’Alzheimer è stato ribattezzato diabete di tipo 3. Le persone che consumano alti livelli di zuccheri hanno maggiore rischio di incorrere in tali patologie. Alcuni esperti suggeriscono di ridurre il consumo di carboidrati al minimo per ridurre i rischi.
  3. Elevati livelli di zucchero nel sangue contribuiscono alla formazione degli AGEs, ovvero advanced glycation end-products, composti altamente reattivi e quindi in grado di creare infiammazione, accelerare l’invecchiamento ed arrecare parecchi danni alle cellule. Insomma, sarebbe meglio starne alla larga.

Una prospettiva evoluzionistica

Cosa ci dice l’evoluzione sul consumo di carboidrati? Guardando ai reperti e alle attuali tribù di cacciatori-raccoglitori ci si accorge che il consumo di carboidrati è estremamente variabile. Quasi zero nelle zone artiche, fino al 90% per i Tsimané (maggiori dettagli qui) In ogni caso, queste popolazioni godono di una salute invidiabile. Questo significa che probabilmente una combinazione di genetica e adattamento è in atto. Tenete bene a mente però parliamo sempre di cibo vero come tuberi e radici e non di prodotti industriali. In generale, non è facile trarre una lezione perché le evidenze non puntano in una direzione univoca.

Il mio approccio

Tutto considerato, io seguo una dieta tra il low-carb e la chetogenica. Consumo tra i 30 e i 50gr di carboidrati al giorno prevalentemente da verdura e occasionalmente frutta. Dopo un allenamento mi concedo 70-100gr di carboidrati da fonti più dense come il riso bianco (che invece non riesco a gestire in condizioni normali). Rientro nelle linee guida della così detta Targeted Ketogenic diet (o TKD). Seguo questo regime perché ho trovato che sia quello più adatto alla mia fisiologia. Ho più energie e sono più attivo se traggo calorie dai grassi (principalmente) e dalle proteine. I benefici cognitivi e anti-aging fanno poi da cornice.

Per concludere

Il mio consiglio è trovare la formula che funziona meglio per voi in termini di quantità, timing e tipologia di carboidrati ottimali, prendendo in considerazione queste informazioni. Dovete sperimentare fino a trovare la combinazione perfetta, e da li…provare ancora a migliorarla!

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Fonti:
http://www.strengthsensei.com/the-2-ways-to-earn-your-carbs/
http://main.poliquingroup.com/ArticlesMultimedia/Articles/Article/1552/The_Art_Science_of_Timing_Your_Carb_Intake.aspx
http://www.strengthsensei.com/carbohydrates-my-take-on-carbs/
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8697046
http://wis-wander.weizmann.ac.il/life-sciences/blood-sugar-levels-response-foods-are-highly-individual
http://www.telegraph.co.uk/science/2017/02/23/alzheimers-could-caused-excess-sugar-new-study-finds-molecular/
https://chrismasterjohnphd.com/2011/10/07/where-do-most-ages-come-from-o/

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